LE ORIGINI DELLA RELAZIONE GENITORI-BAMBINO:
L’ATTACCAMENTO PRENATALE
L’attaccamento prenatale è quel particolare legame che i genitori sviluppano verso il feto durante la gravidanza. Già a partire dagli anni ’40 (Deutsch, 1945), sono riscontrabili nella letteratura psicoanalitica, le prime considerazioni sulla relazione gestante-feto, in particolare sulle trasformazioni corporee e psicologiche che coinvolgono la donna durante la gravidanza e il puerperio. Negli ultimi 50 anni, gli studi sullo sviluppo psichico infantile hanno documentato il ruolo fondamentale della relazione genitori-bambino. Già Winnicott e Bowlby avevano sottolineato la straordinaria rilevanza delle relazioni precoci tra neonato e caregivers ai fini dello sviluppo psichico.
La ricerca sulle prime relazioni genitori-bambino ha evidenziato nei neonati, oltre a insospettate competenze percettive, motorie e comportamentali, anche notevoli capacità di attivarsi verso le figure di accudimento per contribuire alla co-regolazione delle interazioni (Stern, 1998). Inoltre, gli studi sullo sviluppo fetale hanno dimostrato che il feto è attivo, sensibile, in grado di apprendere e di interagire con gli stimoli provenienti dal corpo materno e dall’ambiente.
La domanda che sorge spontanea è “quando e come comincia a svilupparsi la relazione tra i genitori e il bambino?” Per la prima volta, nel 1958, Winnicott con il concetto di “preoccupazione materna primaria” e con i suoi studi sui primissimi stati mentali, ha sottolineato come tale relazione abbia origine prima della nascita nell’impegno affettivo che la mente genitoriale sviluppa verso il bambino atteso. E Bowlby, nel 1969, con la sua “teoria dell’attaccamento” ha descritto la tendenza innata del bambino a ricercare la vicinanza, l’attenzione e le cure del genitore e la necessità che in corrispondenza di questa, nel genitore si sviluppi una pari tendenza e disponibilità all’attaccamento verso il bambino. Che tale disposizione parentale abbia origine prima della nascita, è dimostrato dalle reazioni di lutto e dai frequenti episodi depressivi riscontrabili nei genitori che hanno perso il bambino durante la gravidanza.
Winnicott nel 1958, come già accennato sopra, descriverà in modo specifico l’investimento affettivo materno verso il bambino atteso, investimento che l’Autore definì “preoccupazione materna primaria”. Si tratta di un coinvolgimento esclusivo, di una condizione straordinaria, che inizia a formarsi dal momento in cui la donna apprende di essere incinta, che incontra il suo apice verso la fine della gravidanza e si protrae fino a poche settimane dopo la nascita del bambino. Tale condizione, che è simile ad uno stato di ritiro e di dissociazione, contraddistinto da un’elevatissima sensibilità, non è comune a tutte le donne ed è un indicatore importante del loro rapporto con il bambino. La madre sana è quella che riesce a vivere questa condizione, che ha i caratteri di una malattia normale, ed è quella che, in forza di questa elevatissima sensibilità, risulta capace di anticipare, di interpretare, di provvedere tempestivamente ed efficacemente ai bisogni del bambino e, in questo modo, di determinare le condizioni necessarie allo sviluppo pieno delle sue dotazioni innate.
La madre rappresenta il primo ambiente del bambino e contribuisce al suo sviluppo con l’ “holding”; tale funzione materna si basa sull’empatia, intesa come comprensione emozionale e si collega a quella che Winnicott chiama “preoccupazione materna primaria”. La capacità della mamma di preoccuparsi è importante, perché comporta un’apprensione, che pone al centro la cura, l’attenzione e il riconoscimento dell’altro. L’Autore in questione per capacità di holding, intende una sorta di qualità personale, più o meno intensa a seconda della relazione che la madre ha avuto a sua volta nella primissima infanzia con la propria madre e non una tecnica da apprendere. Definire la capacità di holding, capacità eminentemente relazionale, come una qualità personale e non come una abilità tecnica, è un modo per dimostrare ulteriormente come l’acquisizione di tecniche non solo non ha nulla a che fare con la relazione madre-bambino, ma addirittura può essere controproducente.
E ancora Winnicott, negli anni successivi (1969), osserverà che la “preoccupazione materna primaria” è una condizione che si sviluppa non solo nella madre, ma in modo qualitativamente diverso in entrambi i genitori, attraverso la focalizzazione dell’attenzione, dei pensieri e delle fantasie verso ogni aspetto che riguarda il bambino in via di sviluppo e sottraendo attenzione al resto.
L’area di studio della psicologia perinatale ha evidenziato la formazione nella psiche genitoriale di una rappresentazione, detta “rappresentazione mentale del bambino immaginato” (Lebovici, 1983), che si sviluppa in condizioni normali, ed è costituita da una ricca fioritura di pensieri, emozioni, fantasie, sentimenti, desideri ed idealizzazioni legati al bambino che si sta formando. Attraverso tale rappresentazione, i genitori iniziano a formare un legame col feto, che comprende aspetti di fantasia e di proiezione misti ad aspetti reali derivanti dall’interazione col feto stesso. La qualità del legame che i genitori sviluppano nei confronti del feto è subordinata alle esperienze affettive vissute a loro volta in seno alla famiglia di origine durante la prima infanzia e influenzerà il tipo di legame di attaccamento che i genitori stessi formeranno con il loro bambino.
Ed è proprio partendo da queste prime teorizzazioni, che negli ultimi vent’anni si è affermata un’area di studio e di ricerca sulle fasi di evoluzione prenatale con particolare attenzione al rapporto che i genitori sviluppano, in uno spazio intermedio tra fantasia e pensiero, verso il bambino atteso. E quest’area di indagine esplora il complesso di atteggiamenti, comportamenti, rappresentazioni cognitive e fantasie che si sviluppano nella mente dei genitori nei confronti del feto e che si chiama appunto attaccamento prenatale. L’attaccamento in questione, ovvero la qualità dell’investimento affettivo prenatale, influisce sui processi della gravidanza, del parto e sulla successiva relazione di attaccamento genitori-bambino e sullo sviluppo psichico infantile.
Bibliografia
Bowlby J. (1969), Attaccamento e perdita, vol. 1: L’attaccamento alla madre, trad. it. Bollati Boringhieri (1972), Torino.
Deutsch H. (1945), Psicologia della donna adulta e madre. Studio psicoanalitico. Vol. 2, trad. it. Bollati Boringhieri (1957), Torino.
Lebovici S. (1983), Il bambino, la madre e lo psicoanalista, trad. it. Borla (1988), Roma.
Stern D. N. (1998), Le interazioni madre-bambino, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Winnicott D. W. (1958), Dalla pediatria alla psicoanalisi, trad. it. Martinelli (1975), Firenze.
Winnicott D. W. (1969), Colloqui con i genitori, trad. it. Raffaello Cortina Editore (1993), Milano.